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La nostra Parrocchia
Nel 1850 iniziarono i lavori per la costruzione dell’ attuale chiesa madre, ad opera di Anselmo Gasparri e Federico de Nuntio grazie alle finanze e al lavoro dei sacerdoti e del popolo Biccarese. La chiesa fu ultimata nel 1875 e dedicata ” A Cristo Salvatore e a Maria Assunta”. Quanto sopra, risulta dalle due lapidi poste all’ingresso principale della chiesa. Nel proseguire parleremo un po′ della storia dell’ edificazione della chiesa madre. Come già accennato in precedenza, i lavori iniziarono verso la fine dell’ anno 1850, e consistettero nelle opere di demolizione. Dirigeva i lavori Federico de Nuntio. L’ allora sindaco Tocco si esprimeva così: “Ho incaricato il signor de Nuntio di concretar le Sue idee con accorati disegni della pianta, prospetto a tre spaccati, tanto dello stato attuale che dell’ avvenire”. Federico de Nuntio si mise all’opera. Il 4 dicembre 1851 la chiesa appare in parte crollata e in parte prossima a crollare. La questione dello stato giuridico si riaffaccia in questo periodo legato al problema economico. Affiorò infatti una controversia tra comune e real corona riguardo al preteso padronato. Tale controversia venne risolta dal ministero dell’ interno il quale ingiungeva al municipio di accollarsi le spese in quanto il ministero del culto non aveva i fondi bastanti al bisogno. In questa fase continuava l’ opera di demolizione. Nel 1854 troviamo elencati alcuni lavori eseguiti come, la demolizione della parte che minacciava le case sottostanti, si trattava di rimuovere e sgombrare le fondamenta e costruire buona parte del succorpo, impiantare solide fondamenta, innalzare le pareti e rivestirle di mattoni, costruire i pilastri, predisporre le colonne, lanciare le volte, approntare i tetti, voltare la cupola, porre in opera i pavimenti, intonacare l’aula, organizzare l’ arredo e la decorazione. Tutto ciò, andò avanti in un periodo di maggiore incertezza, dovuta alla questione dei finanziamenti; in quanto l’ opera era indubbiamente grandiosa e richiedeva l’ aiuto di tutte le componenti interessate: il governo centrale e il comune, la diocesi e la parrocchia, il capitolo e i privati, le confraternite e la popolazione. Il reperimento di questi fondi richiedevano anche la presenza di qualche persona capace di coordinare le forze e di convogliarle alla realizzazione dell’ opera. Varie personalità si susseguirono ma tra tutte emerge Anselmo Gasparri che diede al massimo il proprio impegno per condurre in porto l’ impresa. Come spesso succede, proprio gli uomini più impegnati non giungono a vedere il risultato delle proprie fatiche così fu anche per il Gasparri, che morì nell’aprile del 1868. In questo periodo di incertezza i lavori di ricostruzione della chiesa subirono senza dubbio pause e rallentamenti a causa dell’imponenza dell’opera. La lettera che il ministero di Grazia e Giustizia e dei Culti del regno d’ Italia, inviata da Firenze al prefetto di Foggia il 20 ottobre 1865, documenta ai massimi livelli quest’ impressione. Secondo il Ministero di Grazia e Giustizia il municipio di Biccari intraprese una grandiosa costruzione di culto quando bastava restaurare le già esistenti o almeno restare nei limiti della necessità. Dalla lettera evince infatti, che il municipio di Biccari intraprese la costruzione della sua chiesa parrocchiale con una perizia di oltre centodiecimila lire, e che successivamente domandò un sussidio per i fondi dell’ economato generale di Napoli il quale, già gravato da altre spese, sarebbe stato impossibilitato ad accordare ulteriori sussidi. Tra le preoccupazioni che accompagnarono le diverse fasi della ricostruzione vi fu una di carattere sociale: l’ occupazione dei molti operai. Il cantiere infatti, offriva lavoro a moltissimi operai, era necessario, dunque, proseguire con la maggiore continuità possibile. Rilievi di questa sensibilità li ritroviamo nella relazione dell’ opera iniziata da poco, che Federico de Nuntio fece. Essa insiste affinché vengano assegnati fondi per la costruzione così da dare, nell’inverno, mezzi di vita ai braccianti. Anche il consiglio comunale non restò indifferente a tal problema, ed evidenzia il bisogno di impiegare gli operai, visto la mancanza di lavoro e il rincaro dei viveri. Tra i vari interventi da eseguire ci fu l’ acquisto da parte del comune, di alcune case private per poterle demolire e permettere, così, un adeguato respiro alla facciata della nuova chiesa e del succorpo. L’ opera proseguì scavando le fondamenta, costruendo il succorpo, elevando le colonne e i capitelli, realizzando le volte e ristrutturando le cappelle. Nel 1875, dopo venticinque anni di lavoro, la chiesa era praticamente completata!
Il 28 febbraio di quello stesso anno morì Federico de Nuntio. Purtroppo, il legittimo entusiasmo delle autorità e della popolazione per l’ inaugurazione della costruzione, fu raggelato pochissimo tempo dopo a causa del terremoto, per effetto del quale cadeva nello stesso istante la volta a mattoni della grandiosa chiesa che comportò danni notevolissimi al pavimento e ulteriori guasti alle tettoie. Si cominciò daccapo. Nuove perizie, nuove spese, nuove richieste di contributi, nuovo impegno da parte di tutti sotto forma di prestazione di mano d’ opera o di offerta di denaro e materiali, tanti anni di fatica e di sacrificio, il tutto portò alla rinnovata gioia per la conclusione. Nel 1880 la chiesa fatta interamente intonacare ed imbiancare sembra una galleria. Nel 1883 l’ amministrazione comunale delibera di ricordare con due lapidi la storia, problematica ed affascinante, dell’ edificazione della chiesa madre. Sono le due lapidi che ci accolgono all’ingresso. La storia recente, quella del nostro secolo, registra senz’altro avvenimenti più positivi per la nostra chiesa madre, insieme a situazioni e problematiche. Gli eventi bellici, soprattutto quelli del secondo conflitto mondiale, mentre colpirono pesantemente la vicina città di Foggia, risparmiarono i paesi della fascia subappenninica. Lo stesso non si può dire per quanto riguarda gli eventi naturali: le intemperie quotidiane e i terremoti si accaniscono contro le opere dell’ uomo, per quanto solide queste possano essere. La chiesa madre di Biccari non fa eccezione a questa regola. Bisognerà, dunque, ancora una volta rimboccarsi le maniche e avviare opere di risanamento e di restauro. Nel 1961, a causa di alcune travi ormai logorate, la navata centrale subì un cedimento nella parte iniziale ma l’anno decisivo fu il 1962. Due avvenimenti, di natura completamente diversa, collaborarono nel determinare nuove scelte strutturali e decorative per la nostra chiesa. Il primo fu il terremoto, che produsse gravi lesioni nel tessuto murario e soprattutto nella volta, con caduta di zone di intonaco, l’ altro fu l’ indizione del concilio Vaticano II che nel giro di pochissimi anni avrebbe prodotto la riforma della liturgia con conseguenti adattamenti delle chiese alle nuove esigenze. Con tali riforme si trattava di rendere nuovamente praticabile la chiesa madre ma anche di trasformarla secondo la lettera e lo spirito della riforma liturgica conciliare. In questi anni si celebrò il centenario del martirio di S. Donato, ucciso, secondo la tradizione, nel 363 durante la persecuzione di Giuliano l’ Apostata. La facciata della chiesa conserva in una lapide la memoria dell’ avvenimento. Realizzato il pavimento e la disposizione delle nicchie già prima dell’ evento sismico, si passò nel 1966 ad affrontare il problema della copertura, utilizzando tra l’ altro un sistema di terrazzini che favoriscono lo scorrimento delle acque.Altri lavori come gli interventi sui cornicioni, sulla cupola, sull’abside, sul campanile, sulla facciata furono realizzati nel 1985. L’altare maggiore venne risistemato nel 1970, in modo da poter corrispondere alla nuova mentalità liturgica. Nel 1983 la chiesa madre di Biccari ottenne un notevole riconoscimento, da parte del soprintentende ai Beni Ambientali Architettonici Artistici e storici della Puglia, il quale le conferì la qualifica di interesse storico-artistico in quanto esempio di architettura neoclassica. Federico de Nuntio ci consegna una chiesa neoclassica nell’impostazione generale, ma con evidenti recuperi di elementi barocchi. Su una piccola piazza si innalza la maestosa facciata della chiesa. La sua altezza raggiunge i 20 metri. Essa è collocata su un pendio. Per poter procedere alla costruzione il de Nuntio dovette affrontare l’ enorme dislivello tra la chiesa vera e propria e le sue fondazioni. La soluzione fu trovata nell’edificazione di un succorpo. Non si trattò di una soluzione originale, giacché anche la chiesa precedente ne aveva uno ma fu certamente una soluzione utile e, sotto l’ aspetto estetico, assolutamente grandiosa, infatti, se girando intorno alle fiancate, ci rechiamo nella zona absidale della chiesa su Via Le Grazie, appare ai nostri occhi lo spettacolo di un’ architettura monumentale, quasi una fortezza. Questa superficie absidale, che si sviluppa lungo quattro piani lo è ancora più della facciata, razionalmente divisa e articolata in due corpi sporgenti che inquadrano una zona centrale. Una scala a due rampe conduce all’ingresso del succorpo. Una cornice marcapiano circonda tutt’intorno l’ edificio, segnando sobriamente ma chiaramente la distinzione tra la parte superiore (la chiesa) e la parte inferiore (il succorpo). La chiesa madre è un inno alla luce! L’aula a forma di croce latina, è lunga 35 metri ed è larga, nel punto massimo, 25. A questi valori vanno aggiunte le due sagrestie quadrangolari, il cui lato misura 6 metri, e lo spessore delle murature. Essa si articola in tre navate: una maggiore che culmina nel presbiterio, e le altre due laterali, in cui si aprono rispettivamente cinque cappelle, che culminano nei bracci del transetto e in una corrispondente cappella absidale. Questa suddivisione è ottenuta da due file di colonne di pietra, poste su alti basamenti cubici e sormontate da capitelli ionici sui quali poggiano l’architrave, il fregio e la cornice dentellata.
DAL LIBRO “UN INNO ALLA VITA”
TESTO DI VINCENZO FRANCIA
FOTO DI LUIGI SBERNA